La storia ed un recente convegno a 170 anni
di Andrea Giaconi
Il 23 ottobre 2019 presso i locali della Biblioteca Roncioniana di Prato si è tenuto il convegno “Garibaldi e Prato (1849). I luoghi e i protagonisti”, a cura della stessa biblioteca e del Comitato Pratese per la Promozione dei Valori Risorgimentali. Nell’ambito del 170° anniversario della trafila e del salvamento garibaldino in Toscana, il convegno ha inteso non solo rievocare i tratti distintivi del passaggio dell’Eroe dalla cittadina del tessile ma anche gettare un’ulteriore luce sui protagonisti della vicenda.
La questione si dipana durante la fuga garibaldina successiva alla caduta della Repubblica Romana, quando il Generale, inseguito dalle truppe austriache e papaline e dopo aver perso in circostanze drammatiche la moglie Anita, si trovò a valicare i confini del Granducato di Toscana, assieme a Giovanni Battista Culiolo detto “Capitano Leggero”. Fu in tal contesto che i due combattenti giunsero nella notte del 25 agosto 1849 a Montecuccoli sui monti che separano la piana di Barberino dalla Valle del Bisenzio dove, senza essere riconosciuti, furono ospitati dalla famiglia Cambi. La mattina del 26 sotto una pioggia torrenziale passando nei pressi della Rocca Cerbaia e dal sentiero Valle scendono al Mulino di Cerbaia di Luigi Biagioli detto “Pispola”. Qui sono accolti e ospitati.
Fu qui che Garibaldi fece il casuale incontro con l’ingegnere Enrico Sequi, direttore dei lavori stradali per il rifacimento della strada maestra della vallata, che si mise a disposizione per agevolarne la fuga. Per prima cosa, l’ingegnere si recò a Prato dal dott. Francesco Franceschini che a sua volta chiese la collaborazione di Antonio Martini, vecchio e provato patriota. I tre personaggi ne concertarono il piano di fuga che avvenne secondo le seguenti modalità. Sequi tornò al mulino e con Garibaldi e Leggero passò da Vaiano presso la Famiglia Bardazzi. In seguito con un calesse, i due vennero accompagnati alla Madonna della Tosse dove rimasero in attesa dell’arrivo di un’altra vettura. In tarda notte giunse la vettura messa a disposizione da Antonio Martini. L’eroe fu portato alla stazione del Serraglio e preso in custodia dal capostazione Tommaso Fontani. Intorno alle due di notte del 27 Agosto 1849 un’altra carrozza portò Garibaldi e Leggero a Poggibonsi, dove furono accolti dalla famiglia Bonfanti poi a Colle Val d’Elsa, Volterra ed infine al Bagno al Morbo in Maremma, da alcuni parenti del pratese Antonio Martini.
Le successive tappe si articolarono nelle Maremme tra San Dalmazio e la famosa Villa Guelfi, da dove, il 2 settembre 1849, Garibaldi e Leggero partirono con fidati patrioti per imbarcarsi a Cala Martina, nel golfo di Follonica il 2 settembre 1849 e di lì salpare verso la salvezza.
Di tutto ciò, il convegno ha inteso vagliare i protagonisti e i contesti pratesi. I lavori si sono aperti con una relazione di Eugenio Giommi sul 1849 pratese, inteso nel suo più generale aspetto di congiuntura economica e sociale. Sono così stati delineati i tratti di una vera e propria crisi a livello economico che inevitabilmente doveva ripercuotersi in un ‘terremoto’ politico. Terremoto le cui scosse erano generate anche da vivaci fermenti in campo culturale, da scuole come il Cicognini e da circoli privati come quello del Benini. Più in particolare, Giommi ha cercato di individuare l’elite tanto moderata quanto democratica, individuandone i caratteri afferenti alla grande possidenza, all’imprenditoria e, soprattutto, l’evidente intreccio familiare tra gli opposti schieramenti politici.
Successivamente, Marco Giusti ha focalizzato la sua attenzione sulla famiglia Vai e, in particolar modo sul personaggio di Giuseppe. Attraverso il diario del figlio Luigi e lo spoglio del carteggio sito presso l’Archivio di Stato di Prato, l’intervento ha ricostruito la biografia del Vai, andando a coglierne l’importanza per quanto riguarda lo schieramento moderato cittadino del primo Ottocento. Già vicepresidente della neonata Cassa Depositi e Prestiti di Prato (1830), socio ordinario dei Georgofili, in corrispondenza con il Vieusseux e intimo di Montalembert e Lammenais, Vai fu gonfaloniere di Prato tra il 1844 e il 1848. Visse il biennio rivoluzionario con trepidazione e apprensione e ripose poi i suoi successivi obiettivi nell’educazione dei figli e nell’utile locale.
Infine Andrea Giaconi ha delineato la figura del democratico Antonio Martini, il suo ruolo nel salvataggio di Garibaldi e nella conservazione della memoria cittadina dell’episodio e la sua posizione all’interno del locale movimento unitario. Già tra i membri delle prime cellule mazziniane cittadine, Martini fu tra i protagonisti degli eventi cittadini del biennio rivoluzionario, prima come capitano della Guardia Civica e poi, assumendo il ruolo sopra descritto nella fuga dell’Eroe. Protagonismo che egli, vicino i ben più famosi Giuseppe Mazzoni e Piero Cironi continuò ad esercitare anche in seguito nella sua carica di consigliere comunale. E come consigliere fu tra coloro che appoggiarono la posa delle lapidi in ricordo del passaggio garibaldino. Lapidi che furono poste al Mulino di Cerbaia, alla Madonna della Tosse e alla Stazione. Ugualmente a Martini si deve una delle prime richieste di erigere un monumento a Garibaldi in città. Da segnalare che Martini fu il principale fautore della nascita della loggia massonica “Intelligenza e Lavoro” (1876), la prima nella città di Prato.
Rientrato nella campagna di promozione alla lettura “Un Autunno da sfogliare”, il convegno ha ottenuto una consistente presenza di appassionati e studiosi.
Per una minima bibliografia sull’argomento:
F. Asso, Itinerari garibaldini in Toscana, 1848-1867, Firenze, Regione Toscana, 2003.
Garibaldi in Val di Bisenzio, 26 agosto 1849. Appuntamento con la storia, Vaiano, CDSE della Val di Bisenzio, 2007.
Garibaldi a Prato nel 1849: una controversia storica, Prato, Biblioteca Roncioniana, 2007.
G. Guelfi, Dal Molino di Cerbaia a Cala Martina: notizie inedite sulla vita di Giuseppe Garibaldi, Campi Bisenzio, s.e., 2011 [rist. anastatica].